Giangurgolo è un'antica maschera calabrese della Commedia
dell’arte, di origine incerta. Pare sia nata a Napoli verso la metà del 1600 e
poi, passata in Calabria, sia rimasta maschera tradizionale della regione.
Il nome Giangurgolo
vuol dire "Gianni Golapiena" , per sottolineare la sua caratteristica
principale: la fame, l'ingordigia, l'insaziabilità di cibo che l'accompagna
sempre.
Giangurgolo rappresenta un capitano calabro-spagnolo e lo mette in ridicolo, parla un dialetto calabrese mescolato a parole spagnoleggianti. Porta sul volto una mascherina rossa, con un nasone di cartone, in testa un alto cappello a forma di cono, con fascia rossa, ornato con una cadente piuma di pavone. Indossa un collettone bianco alla spagnola tutto pieghettato, un corpetto rosso e un giubbone a righe gialle e rosse con calzoni sotto il ginocchio , cinturone e un lungo spadone.
Giangurgolo rappresenta un capitano calabro-spagnolo e lo mette in ridicolo, parla un dialetto calabrese mescolato a parole spagnoleggianti. Porta sul volto una mascherina rossa, con un nasone di cartone, in testa un alto cappello a forma di cono, con fascia rossa, ornato con una cadente piuma di pavone. Indossa un collettone bianco alla spagnola tutto pieghettato, un corpetto rosso e un giubbone a righe gialle e rosse con calzoni sotto il ginocchio , cinturone e un lungo spadone.
A questa maschera tradizionale è dedicata la commedia in due atti “ U matrimoniu ‘i Giangurgolo”,
scritta da Vincenzo Perugini e messa in scena per la prima volta dalla Compagnia Teatro di Reggio, nel 1981 , a cura
di Enzo Zolea.

Nessun commento:
Posta un commento